Capodanno al Rif. Sebastiani

Lunedì 31/12/2007: Io e Lorenzo partiamo la mattina del 31/12/2007 dal Terminal dell'ARPA a Tiburtina. Del viaggio non ricordo molto perché la sera prima sono stato ad una festa a casa di ICSI fino a tardi e quindi ho approfittato del "tempo morto" per dormire. Per le 08:00 siamo alla stazione di Paganica (se non ricordo male) dove ci viene a prendere Luca con lo zio che ci accompagna a Campo Felice. Qui ci mettiamo gli sci ai piedi e cominciamo a sciare verso la miniera di bauxite dove facciamo la prima sosta. Ingeriti un paio di mandarini ripartiamo alla volta del Rif. Sebastiani. Dopo poco lasciamo la pista battuta per faticare di meno restando in quota, o almeno così credevamo: la fatica che abbiamo fatto andando senza pelli di foca sulla neve fresca ancora la ricordo. Nonostante questo piccolo errore di calcolo del percorso in 5h dalla partenza, con diverse soste alle spalle, arriviamo al Rif. Rifocillatici decidiamo di renderci utili spalando la neve davanti alla porta esterna della cucina. Verso sera saliamo sul Costone per goderci il tramonto. Lo spettacolo è stato meraviglioso nonostante le temperature bassissime; rientriamo una volta calato il sole con l'ausilio di una torcia. Ceniamo con pasta, lenticchie e cotechino in una mega tavolata con altra gente di Roma.

Martedì 01/01/2008: A mezzanotte spariamo alcuni fuochi artificiali e beviamo un po' di spumante dopodiché andiamo a dormire: temperatura esterna -10°C, temperature interna -2°C. La mattina alle 08:00 veniamo svegliati dall'Inno Sovietico (la mia sveglia del cellulare), io e Luca ci destiamo dal sonno e con una rapida occhiata decidiamo di spegnere la sveglia e prenderci un'altra ora di sonno. Alle 09:00 scendiamo a fare colazione e poi partiamo alla volta del Costone che io e Luca saliamo con gli sci in spalla mentre l'intrepido Lorenzo sale con gli sci ai piedi. Quando giungiamo in vetta chiamo mio padre per organizzare il rientro. Dopo poco anche Lorenzo arriva in vetta e cominciamo a muoverci lungo il costone. Io provo a mettermi gli sci ai piedi ma notando che non tengono la direzione li tolgo e li tengo in mano. Sfortunatamente scivolo su una lastra di ghiaccio e comincio a cadere verso uno strapiombo. In quei momenti, nei film, lo sventurato si vede scorrere davanti tutta la vita ma vi garantisco che succede solo nei film. Per quello che mi riguarda il cervello ingrana la terza e cerca di tirarsi fuori dalla spiacevole situazione in cui si trova. Ma torniamo alla MIA spiacevole situazione: Stavo prendendo velocità, se non mi fossi fermato in tempo sarei piombato giù, con un'accelerazione di 9,81 m/s², nel Lago della Duchessa. Se fossi sopravvissuto all'impatto con lo spesso strato di ghiaccio che ricopriva il predetto lago l'avrei sfondato e sarei morto nell'acqua gelata. Ma non è andata così, dopo aver tentato vanamente di ancorarmi con le unghie mi accorgo che verso di me sta cadendo un mio sci. Nel frattempo Luca si è messo fra me e lo strapiombo solo che non aveva calcolato il fatto che se io l'avessi colpito l'avrei trascinato con me nella caduta. Con uno sforzo sovrumano (anzi, molto umano ma inaspettato nelle mie condizioni) afferro uno sci. Stavo scivolando molto velocemente. Lanciavo alternativamente occhiate prima a Luca, pronto all'impatto sotto di me, poi allo strapiombo che si avvicinava, ed infine alla vetta, sempre più distante. Io tento di ruotare sulla pancia facendo leva con lo sci per far si che la piccozza che ho agganciato dietro lo zaino freni la mia caduta. Ma i vari tentativi sono vani. I secondi passano come fossero anni. Lo strapiombo è sempre più vicino, la vetta più distante. Oramai sono a pochi metri da Luca che alla mia velocità sono quantificabili in si e no 2 secondi. Come non ci fosse nient'altro da fare alzo lo sci sopra la testa e lo conficco con forza, di coda, nella neve ghiacciata. Non ricordo quanta forza impiegai in quell'operazione, quello che ricordo è che lo spesso strato di ghiaccio si ruppe al primo colpo riempendomi la faccia di schegge. Lo sci si pianta. Le mie braccia si tendono. Una fitta di dolore mi giunge dai bicipiti ma la presa sullo sci resta salda. Non lancio neppure un gemito quando una racchetta mi si pianta con la punta sullo stinco: ora che mi sono fermato il mio pensiero è quello di non far cadere gli sci e le racchette. Una volta certo di avere tutto sotto controllo faccio il checkup dei danni alla mia persona ed al mio materiale tecnico: escoriazione su uno stinco causata dalla racchetta e probabile strappo muscolare ai bicipiti ma i pantaloni impermeabili e gli occhiali hanno fatto si che le schegge di ghiaccio non mi colpissero gli occhi e che non mi fracicassi durante la caduta. Tutto il materiale era integro. Nel frattempo Lorenzo era lontano, a 20 metri da me, più avanti. Luca corre da me e con la piccozza mi fa due buchi dove inserire i piedi. La mia caduta ci induce a ritornare in vetta e riscendere da dove siamo saliti per poi tornare verso Alantino per la stessa strada dell'andata. Il resto del cammino verso Alantino procede tranquillo (tralasciando alcune cadute). Per le due siamo ad Alantino dove usufruiamo degli spogliatoi per cambiarci e del ristorante per rifocillarci. Alle 15:30 arriva mio padre che ci riporta a casa.

Fine